Chi può richiederlo | Tutti i cittadini italiani, stranieri e apolidi residenti nello stato al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare , gli enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica, titolari di reddito imponibile non superiore a € 11.369,24 (il limite di reddito varia ogni due anni).
Se l’interessato convive con il coniuge o altri familiari, il reddito, ai fini della concessione del beneficio, è costituito dalla somma dei redditi di tutti i componenti la famiglia.
Si tiene conto solo del reddito dell’interessato nelle cause che hanno per oggetto diritti della personalità o se, nello stesso processo, gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare conviventi.
Nella determinazione dei limiti di reddito si tiene conto anche dei redditi che sono esenti da IRPEF o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero a imposta sostitutiva. |
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Come si richiede e documenti necessari | L'istanza, in carta libera, va depositata al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e deve contenere, a pena di inammissibilità:- la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (e l’indicazione del processo)
- le generalità dell’interessato e dei componenti della famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali
- l’autocertificazione ai sensi dell’art. 46 D.P.R. 445/2000 riguardante l’esistenza delle condizioni di reddito previste per la concessione del beneficio
- l’impegno a comunicare fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.
Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europea è tenuto a corredare l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesti la veridicità di quanto in essa indicato.
Il giudice che procede può chiedere all’interessato la documentazione necessaria per accertare la verità del contenuto della domanda.
La falsità o le omissioni nell’autocertificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni o nelle comunicazioni contenute o allegate alla domanda sono punite con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da € 309,87 a € 1.549,37; la pena è aumentata se da questi fatti consegue l’ottenimento o il mantenimento del beneficio; la condanna comporta la decadenza dal beneficio con effetto retroattivo ed il recupero delle somme corrisposte dallo Stato a carico del responsabile.
NB: L’istanza non può essere presentata direttamente in udienza (vedi art. 93 T.U. come modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito in legge dall'art. 1 c. 1 L. 24 luglio 2008, n. 125). |
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